Il male al gomito non è solo del tennista

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    Alessandra

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    Azzano Decimo (PN)

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    Un lavoro ripetitivo e faticoso, frustrante e mal pagato, favorisce la comparsa dell’epicondilite

    MILANO - Il gomito del tennista viene anche a chi lavora molto di più e guadagna molto meno di uno sportivo che ambisce al Grande Slam. Anzi, proprio chi, pur essendo poco motivato, deve maneggiare per diverse ore al giorno strumenti pesanti, sollevare carichi o compiere movimenti ripetitivi, soprattutto se in posizioni poco corrette, rischia di sviluppare il classico dolore che dal gomito si diffonde al braccio impedendo il movimento.

    INFIAMMAZIONE - Il disturbo è provocato dall’infiammazione di alcuni tendini che si inseriscono a livello dell’articolazione, un fenomeno chiamato in gergo medico epicondilite. Un gruppo di ricercatori olandesi ha esaminato gli studi che associano questo problema ai diversi tipi di gesti che si compiono nel corso di varie attività lavorative e ne ha pubblicato il risultato su Rheumatology . «Per gli esperti, che questa patologia insorga anche nei lavoratori non è una novità» precisa Pietro Apostoli, ordinario di medicina del lavoro all’Università degli studi di Brescia. «Di solito però si fa di tutta l’erba un fascio, mettendo insieme i diversi tipi di epicondilite, qualunque sia la zona del gomito interessata». Invece la revisione appena pubblicata distingue i movimenti che danneggiano di più l’uno o l’altro tendine, da una parte o dall’altra del gomito.

    LE CAUSE - «Per esempio, la forma più comune di epicondilite, quella laterale, è risultata da due a quasi cinque volte più frequente tra chi utilizza utensili più pesanti di un chilo, sposta carichi oltre i 20 chili più di dieci volte al giorno e soprattutto compie gesti ripetitivi per più di due ore quotidianamente» spiega Rogier M. van Rijn, del Centro medico universitario Erasmus, di Rotterdam, che ha coordinato il lavoro. «Inoltre, la nostra ricerca ha dimostrato anche l’importanza dei fattori psicosociali» prosegue lo studioso olandese: «Il rischio di andare incontro a questa forma di epicondilite raddoppia infatti quando si lavora in un contesto di scarsa partecipazione o di limitato sostegno sociale». «Questo spiega anche perché questi disturbi sono tipici della nostra epoca e sono stati riconosciuti come patologie vere e proprie solo alla fine degli anni ottanta» aggiunge Apostoli. «Rispetto a una volta è cambiata la cultura del movimento e della percezione della fatica: uno sforzo della medesima entità viene vissuto in maniera completamente diversa se è compiuto spontaneamente per divertimento o malvolentieri, in un luogo di lavoro dove non ci si sente apprezzati».

    GESTI « A RISCHIO» - Dai dati raccolti emerge che stringere strumenti con forza (per esempio un coltello) o utilizzare macchinari vibranti come il martello pneumatico favoriscono di più invece l’infiammazione nella parte mediale, quella cioè che è rivolta verso il torace quando il braccio è steso lungo il corpo e la mano rivolta in avanti. Altre forme di infiammazione dei tendini sono legate al fatto di dover tenere a lungo uno strumento o la mano in una determinata posizione oppure estendere il braccio al massimo della sua possibilità. «Ci sono poi fattori collaterali che incrementano il rischio» aggiunge l’esperto bresciano. «Il freddo, per esempio, che favorisce la comparsa di questi disturbi in ambienti come quelli dei macelli, oppure la predisposizione individuale e il sesso: a parità di lavoro, è più facile che il male al gomito colpisca una donna». E’ stata infatti l’entrata in massa della manodopera femminile nell’industria manifatturiera a mettere in luce le conseguenze della catena di montaggio su ossa e articolazioni: «Prima, si sottolineavano solo gli aspetti di alienazione psicologica» conclude Apostoli. «Basti pensare a film come "Tempi moderni, di Charlie Chaplin", o l’italiano "La classe operaia va in Paradiso", con Gian Maria Volontè. Lo studio dei ricercatori olandesi, sottolineando il ruolo degli aspetti psicosociali nello sviluppo dell’epocondilite, ha ricollegato questi due indivisibili aspetti della persona umana».

    Roberta Villa
    07 maggio 2009

    Fonte: http://www.corriere.it/salute/reumatologia...44f02aabc.shtml
     
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