Nefrite lupica: possibile salvaguardare la fertilità

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    Alessandra

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    Azzano Decimo (PN)

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    Con cure ad hoc si può mantenere l'effiacia e conservare le chance di avere figli

    MILANO - Il lupus colpisce spesso donne e uomini in età fertile. E quando arriva ai reni le cure, molto pesanti, possono precludere ai pazienti la possibilità di avere un figlio: succede se si prendono alte dosi di ciclofosfamide, il farmaco finora più usato nella nefrite lupica. Ora una ricerca, in uscita a maggio sul Journal of the American Society of Nephrology, dimostra che un altro medicinale già impiegato in caso di lupus può essere altrettanto efficace, senza tuttavia compromettere la fertilità dei pazienti di entrambi i sessi.

    AMPIO STUDIO – La ricerca è una delle più ampie ad aver mai messo a confronto due farmaci per trattare la nefrite lupica, una complicanza del lupus eritematoso sistemico molto grave che può portare all'insufficienza renale e alla morte. I ricercatori hanno coinvolto 370 pazienti provenienti da 88 centri in 20 Paesi, trattati come di consueto con ciclofosfamide (un medicinale che sopprime l'attività del sistema immunitario e ha molti effetti collaterali, fra cui perdita dei capelli, nausea e infertilità) oppure con mofetil micofenolato, un immunosoppressore impiegato nei trapianti d'organo e meno utilizzato rispetto alla ciclofosfamide nei pazienti con lupus. I risultati sono molto incoraggianti, soprattutto perché il micofenolato ha dimostrato di essere efficace tanto quanto il medicinale «classico»: il 56 per cento dei pazienti ha risposto positivamente contro il 53 per cento dei trattati con ciclofosfamide. Analogo anche il tasso di effetti collaterali, tanto che gli autori osservano che nessuna delle due terapie può essere considerata superiore all'altra. Ci sarebbero però importanti differenze di cui tener conto: l'efficacia è infatti diversa a seconda dell'etnia dei pazienti (i non caucasici, ad esempio, sembrano trarre i massimi vantaggi dal micofenolato), ma soprattutto il micofenolato non incide sulla fertilità. Un vantaggio non da poco per pazienti che vorrebbero mettere su famiglia.

    EQUIVALENZA – «Quando la malattia coinvolge i reni è molto grave ed è in gioco la sopravvivenza stessa del paziente: per questo si impiegano terapie anche aggressive – spiega Stefano Bombardieri, direttore della Clinica Reumatologica dell’Università di Pisa –. La cura classica di “induzione”, ovvero quella che si fa in prima linea per ottenere una remissione, prevede steroidi e ciclofosfamide. Un farmaco che soprattutto ad alte dosi può dare infertilità». Oggi però avere un figlio è possibile anche se il lupus ha interessato i reni: se il paziente è un uomo, spesso si procede alla crioconservazione dello sperma; nel caso di una donna si può fare lo stesso con gli ovociti, ma l'idea di una cura che non penalizzi la fertilità è di certo attraente. «In una ragazza di 18 anni, ancora nel pieno della sua capacità fertile, l'effetto di ciclofosfamide può essere relativamente contenuto; in una donna di 40 anni è una specie di “colpo di grazia” alla fertilità residua – dice il reumatologo –. Micofenolato invece non ha questo effetto collaterale. Finora non erano emerse prove di pari efficacia rispetto alla ciclofosfamide e la reale equivalenza dei due medicinali era stata contestata, per cui nella maggior parte dei casi micofenolato si impiegava per la terapia di mantenimento e non all'inizio delle cure. I nuovi dati indicano che possiamo utilizzarlo da subito, con il vantaggio di non intaccare la fertilità dei pazienti», conclude l'esperto.

    Elena Meli
    30 aprile 2009

    Fonte: http://www.corriere.it/salute/reumatologia...cb-00144f02aabc.
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